Davide Addona

Nationality
ita Italia
Position
Reggiana Forever
Current Team
Athletichef
Davide Addona si sta preparando per scendere in campo quando mister Soda, suo allenatore, gli pronuncia una frase temuta da tutti i difensori di B, quell’anno: “Davide, tu ti prendi Trezeguet”.
È la stagione 2006-2007, la Juventus sta scontando il verdetto di Calciopoli: il 27 gennaio 2007 la squadra allenata da Deschamps si presenta al Picco di La Spezia, traboccante di entusiasmo di provincia. La gara finirà 1-1, acciuffata per i capelli da Pavel Nedved, in gol al 92′.
QUELLA VOLTA CON DAVID — La marcatura di Addona sul transalpino fu efficace: l’1-0 spezzino resse fino agli ultimi istanti e Trezeguet finì la gara con solo un’occasione da gol. Addona ha 23 anni, viene da Reggio Emilia, è un giovane di belle speranze con un fratellino anch’egli calciatore.
La sua carriera non decolla del tutto, ed un grave infortunio al ginocchio lo costringe lontano dai palcoscenici più ambiti, tra i campi di Lega Pro e Serie D. Ma Davide non si limita alle aree di rigore: se la cava, e anche parecchio, coi numeri. Si laurea a Parma in matematica pura, quella dei genialoidi – “O dei pazzi, si potrebbe anche dire”, commenta sorridendo – con la valutazione di 110 e lode, prosegue con il dottorato di ricerca ed arriva ad insegnare analisi e matematica applicata all’Università di Parma.
GENIO DEI NUMERI — Oggi Davide Addona ha 33 anni: non ha ancora appeso gli scarpini al chiodo, anzi, gioca in Eccellenza dalle sue parti; milita nel Folgore Rubiera e nell’ambiente è ancora annoverato tra i migliori difensori della categoria. Per lavoro insegna in un liceo privato a Reggio e continua a collaborare con l’università ducale. “Non è la prima volta che la storia viene fuori, e sì, a volte qualche studente mi chiede se è vero che ho marcato Trezeguet. Si può conciliare l’attività sportiva con lo studio, anche se bisogna ammetterlo: allenamenti e partite hanno un po’ rallentato la carriera universitaria. Ai miei tempi ero l’unico a fare l’università: qualche compagno era diplomato, ma nessuno aveva dimestichezza con libretti ed esami. Oggi invece le cose stanno migliorando e c’è più attenzione, anche se le società non aiutano molto: è difficile essere inseriti in un percorso accademico o anche solo di lavoro a fine carriera; al massimo si può aspirare a un qualche ruolo nel mondo dello sport. Ai miei ex colleghi dico di non scoraggiarsi: non è impossibile studiare e giocare, e l’importante è arrivare in fondo al proprio percorso”.
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